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La storia di Carlo Meucci, figlio dell’inventore del telefono, vissuto e morto in Sicilia.

La triste vicenda di Carlo Meucci, da tutti ritenuto figlio di Antonio Meucci (1808-1889), inventore del telefono, vissuto lungamente a Tindari, in provincia di Messina, dopo essere nato a New York nel 1872, viene ricostruita dal giornalista di Gioiosa Marea Mimmo Mòllica nel libro Meucci il figlio del… telefono mendicante a Tindari, Armenio Editore, 2016. Si tratta di una vicenda già conosciuta seppur non nei dettagli (cfr.: Meucci, inventore del telefono. Suo figlio, ambulante a Tindari, di Carlo D’Arrigo in “Gazzetta del Sud”, 17 febbraio 2012), ma non abbastanza diffusa, quasi una leggenda metropolitana che adesso viene ben documentata nonostante l’incertezza sul suo reale giorno di nascita, che la dice lunga sulle difficoltà incontrate da Mòllica per potere affermare con certezza che Carlo Meucci è figlio del grande inventore o se, come invece asserisce l’ingegnere catanese Basilio Catania, colui che per primo riconobbe a Meucci la paternità dell'invenzione del telefono, “sembra probabile che Carlo Meucci abbia inventato una falsa identità”.

Per quanto la sua data di nascita oscilli tra il 3 e il 4 novembre 1872, su tutti i documenti rilasciati dai Comuni siciliani dove Carlo Meucci abitò e fu registrato anagraficamente risulta essere figlio di Antonino Meucci ed Ester Mochi, vale a dire dell’inventore del telefono e della costumista del teatro La Pergola di Firenze che Antonio Meucci sposò il 7 agosto 1834. Carlo in America rischiava d’essere rapito dalla Mano Nera, e per questo motivo il padre volle affidarlo a una donna calabrese perché lo portasse in Italia.

Carlo Meucci, afferma Mimmo Mòllica, fu migrante, naufrago e figlio scomodo, in un momento della storia dell’umanità fortemente segnato dalle migrazioni in cui “quella dell’identità non è una questione di secondaria importanza”, al di là del diritto all’identità stessa che mai cesserà d’essere questione di fondamentale importanza per l’essere umano e per la stessa società. Il diritto all’onore, al decoro, alla reputazione, sono valori della persona tutelati (forse non abbastanza) dalla legge. Carlo Meucci risulta essersi sposato a Venezia nel 1921, con Preghieri o Preghiera Anna, ovvero con Pugliese Anna o Marianna, come in data 15 gennaio 2016 il Comune di Marsala (TP) ha certificato, su richiesta di Mimmo Mòllica, e come altri uffici anagrafici comunali analogamente hanno attestato. Ma ci sono di mezzo tante peripezie, le difficoltà dei tempi, l’emigrazione e l’immigrazione, il naufragio mentre Carlo tornava in Italia dall’America, dove era andato a cercare il padre, scoprendo che era già morto, così come la madre.

Stabilì la sua residenza in Sicilia, tra Mazara del Vallo, Marsala, Barcellona Pozzo di Gotto, Sant’Agata Militello e Tindari. Proprio in quest’ultimo luogo, dove era già stato nelle sue peregrinazioni di ambulante, si mise a sedere sulla scalinata del Santuario della Madonna Nera, tra gente semplice e accogliente, gente che non aveva forse mai sentito parlare di Antonio Meucci e dell’invenzione rubata, quella del telefono. A Tindari, Carlo Meucci sentì d’essere arrivato: costruì alla meglio una baracca di legno e lamiere e sopra, con pennello e vernice scrisse “Al piccolo bazar di Carlo”. Morìrà all’Ospedale Civile di Patti il 19 giugno del 1966.

Relativamente alla sua presenza a Barcellona, all’Ufficio di Stato Civile della città risulta: “Meucci Carlo, di Antonino e di Magrì Ester, nato a New York il 3 Novembre 1872, coniugato a Venezia nel 1921 con Preghiere Anna, professione commerciante, è stato iscritto nell’Anagrafe del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto (Me) il 27 settembre 1941 con abitazione in via Risorgimento, n. 57. E’stato eliminato dal registro della Popolazione il 3 giugno 1942 per emigrazione nel Comune di S. Agata Militello”.

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