Area Archeologica di Capo d'Orlando e Antiquarium Comunale “Agatirnide”
Il sito di Agathyrnum, fondato secondo la leggenda da Agatyrso, figlio di Eolo (Diod. Sic. V, 8), intorno al 1183 a.C., fu identificato già dal Fazello (1558) con la moderna Capo d'Orlando.
Il toponimo Agathyrnum risalirebbe dunque al fondatore della città, mentre il toponimo moderno ha le sue origini in epoca normanna ed è legato alla presunta sosta di Orlando nella cittadina, durante il viaggio per una crociata in Terra Santa.
Ricordata da Silio Italico (XIV, 258-259) fra gli alleati di Cartagine contro Roma, la città (Agatirso o Agatirno) nel 209 a.C. subì, ad opera del console Levino, secondo le cronache di Tito Livio, una deportazione a Reggio Calabria di 4000 facinorosi, trasferiti lì per combattere contro Annibale.
A livello topografico Strabone (Geogr. VI, 21) colloca Agathyrnum tra Tyndaris e Halaesa, indicazione confermata nell'Itinerarium Antonini (inizi III sec. d.C., 92,6), nella Tabula Peutingeriana (7,1, 7, 92) e ancora nei testi dell'Anonimo Ravennate (5,23) e del monaco Guidone (58).
La frequentazione dell'attuale centro urbano in età preistorica è attestata da rinvenimenti in via Libertà, alle propaggini del Monte della Madonna. È stato individuato un lembo di capanna a pianta rettangolare, continuativamente utilizzata dall'Ausonio I - Ausonio II, alla prima età del ferro (fase di distruzione).
Sempre nell'area dell'odierno centro urbano è stata intercettata una necropoli di età ellenistica, databile tra il IV ed il III sec. a.C.
Un'epigrafe in marmo rinvenuta alla fine dell'800 in un pozzo sito nell'area dell'odierna Stazione Ferroviaria, insieme ad un frammento di un braccio di una statua anch'essa in marmo,.ha fatto ipotizzare la presenza di un'opera pubblica, forse una statua, dedicata all’imperatore Tiberio da parte di un certo “P. Cludius C.F. Rufus Latro” .
Rinvenimenti eterogenei ed occasionali sono al momento l'unica testimonianza della probabile presenza di un abitato con aree sacre dislocati sul Monte della Madonna. I materiali rinvenuti coprono un'amplissimo arco cronologico che va dalla seconda metà del IV sec. a.C., periodo al quale risale la necropoli di via Letizia, fino al XVI sec. d.C., quando si impiantò sul monte il santuario dedicato a Maria SS.
Anche il territorio è ricco di testimonianze. In Contrada S. Martino, già dal '500, il Fazello attesta rinvenimenti sporadici di età romana imperiale riconoscendo anche, tra le strutture oggi non visibili, parte di un acquedotto romano.
Evidenze di maggiore rilievo, tuttora fruibili, sono in località Bagnoli dove due monete bronzee di zecca siracusana, rispettivamente di Dionigi il Vecchio e di Ierone II, e un'anfora greco-italica, databile ai primi decenni del III sec. a.C., attestano una frequentazione dell'area almeno dal periodo tardo classico ed ellenistico. Ad età imperiale romana si data invece un importante complesso termale, danneggiato nel fronte settentrionale, e rimasto isolato dall'edificio principale di appartenenza, verosimilmente situato lungo la via Valeria, sia stato esso una villa, una mansio o una statio. La struttura termale è stata riportata alla luce limitatamente ad una sequenza di sei vani, dei quali sono ben visibili solo gli ambienti 4-5-6, decorati con pavimenti a mosaico. Gli ambienti 5 e 6, comunicanti tra loro, dovevano far parte del calidarium, mentre l'ambiente 4, meglio conservato, corrisponderebbe al tepidarium. Gli ambienti sul lato orientale (amb.1-3), che dovrebbero corrispondere alle sale dell'apodyterium (spogliatoio) e del frigidarium, appaiono molto manomessi da interventi di età bizantina, periodo al quale risalirebbe anche un pavimento a grandi blocchi che ricopriva parzialmente il calidarium (amb. 5). L'impianto dell'edificio, sulla base dell'analisi degli schemi decorativi geometrici dei pavimenti musivi, si pone intorno al III sec. d.C. A questo periodo riportano anche alcune monete delle emissioni di imperatori fra Settimio Severo e Tetrico, e pochi frammenti fittili, rinvenuti residuali in livelli caratterizzati da materiale ceramico di metà V-inizi VI sec. d.C..
Danneggiato da almeno uno dei violenti terremoti che tra il IV e il VII sec. d.C. colpirono la Sicilia il complesso fu oggetto di varie fasi di riutilizzo, tra le quali si evidenzia la prima, tra metà del V sec. e l’inizio del VI sec. d.C., con l'impianto di un'officina vascolare che sfrutta il praefurnium per la parte produttiva, ed alcuni vani (in particolare il tepidarium ed il calidarium) come area di deposito/stoccaggio.
I reperti più significativi rinvenuti nella moderna città di Capo d'Orlando e nel territorio sono esposti nell'Antiquarium comunale sito in via del Fanciullo, aperto al pubblico nel dicembre 2002.
Il percorso di visita, organizzato topograficamente e cronologicamente, comprende reperti provenienti dall'insediamento protostorico di via Letizia, documenti epigrafici e scultorei rinvenuti a fine Ottocento, e vasellame della necropoli.
Ampio spazio è riservato ai materiali, soprattutto ceramici, provenienti dall'impianto termale di c.da Bagnoli e attestanti i vari momenti di utilizzo dell'impianto.
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