Museo della Tonnara e del Mare

A Milazzo nei locali del Castello,nell'edificio del Monastero delle Benedettine, troviamo il Museo della Tonnara e del Mare. Allestito dall’ Associazione Tono Solemare.All’originaria esposizione di reperti della Tonnara del Tono l'Associazione ha affiancato quella di antichi oggetti della marineria locale, non necessariamente legati alla pesca del tonno.Il Museo rappresenta una preziosa testimonianza del nostro passato arricchita dai profili dei "tonnaroti", che negli ultimi decenni parteciparono al selvaggio rituale della mattanza, e dalle pregevoli ed eleganti latte di tonno, risalenti anche al ventennio fascista, messe a disposizione da Girolamo Fuduli.

CENNI STORICI

La tonnara del Tono fu concessa per la prima volta a un certo Federico Giordano in epoca imprecisata. Regnando il Re Martino d’Aragona e la Regina Maria, a Nicolò D'Amico, intimo familiare di questi sovrani,  fu concesso da questi  tanto spazio di mare, quanto si potevano armare due tonnare, una sotto la chiesa di S. Antonio di Padoa, e l'altra sotto il Regio Castello, con tutta quella pianura di terreno che i paesani chiamano Angonia.Nel 1418 la ottenne Giacomo Ardoino e in seguito fu posseduta da varie famiglie tra le quali Porco e Marnilo.Nel 1756 ne ottenne la concessione Don Guglielmo D'Amico, i cui eredi, dopo alcuni anni, vendettero una quota di tonnara a Don Girolamo Bonaccorsi.Nel 1790, il Bonaccorsi vendette la sua parte a Don Girolamo Calapaj di Messina.I suoi eredi, insieme ai membri della famiglia D'Amico, in qualità di soci, gestirono a lungo la tonnara del Tono che cessò la propria attività nel 1966 .

 

TIPOLOGIA E STRUTTURA DELLA TONNARA

La tonnara veniva impiegata per la cattura del tonno, del pescespada e del pesce azzurro.Il tonno appartiene alla famiglia degli sgomberoidi ed è da considerare, nonostante le dimensioni, un pesce molto pauroso che si spaventa per cose da nulla, nella fase biologica della riproduzione(tonni di corsa o di andata).
Sembra che i tonni stazionino permanentemente nel Mediterraneo ed allorché giunge il tempo della riproduzione abbandonano i grandi golfi e, dapprima in piccoli gruppi, poi, via via sempre più numerosi, si avvicinano alle coste ove trovano i cibi più adatti, per i nascituri, le acque più dolci (maggio-giugno) e qui depongono le uova.La tonnara del Tono si definisce tonnara di corsa.Le tonnare di corsa sono così chiamate perché catturano il tonno nel periodo riproduttivo (maggio-giugno) a differenza di quelle di ritorno che pescano il tonno nella fase post-riproduttiva (luglio-agosto): è costituita da reti a circa 800-900 metri dalla costa e ad essa collegata mediante una rete chiamata «la coda». Le reti, tenute ferme al fondo da un sistema di ancoraggio ottenuto con impiego di ancore, costituiscono il corpo della tonnara e venivano attaccate a grossi cavi disseminati di mazzette di sughero o galleggianti, grazie ai quali affioravano in superficie.
Le reti formavano una serie di camere separate tra loro attraverso reti mobili, le cosiddette porte, camere che rappresentavano il percorso obbligato per i tonni incappati nelle reti e servivano a pilotarli verso la «camera della morte», la sola ad avere fondo, realizzata in fibra di canapa, per un peso complessivo di circa 51 quintali, dove aveva luogo il rito suggestivo e cruento della mattanza.
La tonnara aveva inoltre in dotazione un certo numero di natanti: i palischermi, chiamati Sant'Andrea, Caporais e S. Tommaso, nonché altre varie imbarcazioni, chiamate Gabanella, la Portachiara, il Bordonaro, la Portachiarella, lo Iaddu e la Muciara.
L'attività si svolgeva per un periodo di circa cento giorni di cui soltanto quaranta erano impiegati per la pesca effettiva. Veniva impegnato un personale di circa sessanta-cento unità, ed il numero era variabile in rapporto all'andamento della pesca stessa. Alla ciurma di mare, guidata dal Rais, si aggiungeva il gruppo di terra guidato dal Caporale, addetto alla lavorazione del tonno sott'olio e del salato (uova di tonno e ventre). Venivano utilizzati anche le spine e il tritume rimasti che, ridotti in polvere, costituivano un'ottimo concime per l'attività agricola.


Sito web:https://cultura.gov.it/luogo/museo-della-tonnara-e-del-mare

 

Antiquarium di Milazzo

Inaugurato nell’aprile del 2010, l’Antiquarium di Milazzo è ospitato in una delle strutture più prestigiose, dal punto di vista storico-culturale, della città: l’ala est del cosiddetto “Quartiere degli Spagnoli”, realizzato nel XVI secolo (il Piaggia riporta la data del 1585 e ne attribuisce il progetto a Camillo Camilliani) a difesa della “cittadella fortificata”, oggi rappresentata dall’altura dominata dal “Castello” Attraverso una sequenza ininterrotta di 10 Sale Espositive, adeguatamente attrezzate e arricchite da efficaci apparati didattici, l’Antiquarium propone una lettura complessiva dei dati forniti dalla ricerca archeologica condotta, sul territorio di Milazzo, dal secondo dopoguerra ad oggi.L’intero percorso è scandito lungo la “linea” del tempo, secondo un ordinamento espositivo che alterna contesti di reperti da abitato, a contesti di reperti da necropoli.In un continuum cronologico, dall’età Neolitica all’età Bizantina (dal V millennio a.C. al VII sec. d.C.), i reperti esposti (n. 1267) diventano strumenti per attraversare la “storia” della città e del territorio prossimo. Una “storia” narrata senza soluzione di continuità, così come emerge, in tutti i centri a continuità di vita, dallo studio della cultura materiale acquisita con una intensa attività di scavo scientifico nell’area urbana.
Le Sale 1-4 ,sono dedicate alla documentazione di Età Preistorica e Protostorica, dal V millennio a.C. al X sec. a.C. I reperti esposti  selezionati tra i più significativi e diagnostici, rivestono particolare interesse per la definizione della seriazione crono-tipologica delle culture pregreche in Sicilia e testimoniano dell’importanza storica e territoriale dell’antica città di Milazzo.
Le Sale 5-7 ,sono dedicate alla documentazione di Età Greca, dalla fine dell’VIII al III sec. a.C. I reperti esposti ,ingenti per quantità, eterogenei per forme, classi e produzioni, offrono al visitatore uno spaccato complesso della società che li ha prodotti e diversamente utilizzati. Protagonisti assoluti, i corredi funerari, rimandano a precisi aspetti dell’ideologia funeraria e del culto, del simbolismo religioso e delle credenze escatologiche. La documentazione è soprattutto rappresentata da vasellame ceramico, di fabbrica locale o di importazione coloniale, greca e greco-orientale, variamente decorato a vernice nera o a figure rosse, nel cosiddetto “stile di Gnathia” o a bande, a immersione o più semplicemente acromo. Il suo originario utilizzo è legato alla preparazione e cottura dei cibi, alla pratica del banchetto conviviale, alla cosmesi e all’igiene del corpo, alla ritualità delle nozze e ai sacrifici/offerte cultuali.La Sala 8, è interamente destinata alla ricostruzione al vero delle tipologie sepolcrali più attestate in Età Greca e Romana (VI-I sec. a.C.), garantendo una documentazione esaustiva, completa e suggestiva. a Sala 9 , è dedicata alla documentazione di Età Greco-Romana, dal III al I sec. a.C. I reperti esposti , ancora una volta provenienti soprattutto da corredi funerari, evidenziano, nel loro insieme, gli esiti di una evoluzione formale incentrata su produzioni seriali (in genere unguentari), perfettamente omologate alla koinè siceliota e italiota, propria dell’Età Ellenistica. La Sala 10 , è dedicata alla documentazione di Età Romana e Bizantina, dalla fine del III sec. a.C. al VII sec. d.C. I reperti esposti provenienti soprattutto da contesti di abitato, valgono a confermare una continuità di urbanizzazione del territorio fino ad Età Tardo-antica,  ancorché di un suo sfruttamento a scopo funerario.

Sito web: https://www.comune.milazzo.me.it/argomenti-2/cultura-2/museo-archeologico/