Home » Cultura » Spazi Culturali

Monastero di San Placido Calonerò

Il monastero di San Placido Calonerò, una delle poche opere del rinascimento italiano presenti nella provincia di Messina, si raggiunge facilmente imboccando, dalla S.S. 114, la strada provinciale per il villaggio di Pezzolo, fino ad arrivare su una panoramica collina, dalla quale, guardando verso sud, si può ammirare l’omonimo monastero detto “Il vecchio”, presso il quale dimorarono i benedettini già dal 1361. Pochi anni dopo, il Conte Andrea Vinciguerra d’Aragona donava loro il proprio feudo con castello annesso. All’epoca il castello doveva occupare il posto dell’attuale chiostro settentrionale con a nord-ovest la torre, forse di origine saracena, anch’essa tutt’ora esistente. Il 1 Novembre del 1376 vennero gettate le fondamenta del nuovo monastero ed i lavori di questa prima fase proseguirono fino al 1394 (in questi anni vennero realizzati un dormitorio, altri locali ed iniziata la nuova chiesa).

Abbandonata definitivamente l’antica sede, la comunità monastica si trasferì nel 1445 nel nuovo monastero: il pontefice Eugenio IV concesse il permesso alla comunità di trasferirsi nel nuovo cenobio, trasferendo in esso tutti i privilegi acquisiti, i redditi e la dignità di Abbazia già ottenuta nel 1368. Nel 1486 Fra Girolamo Alibrandi portò a termine la fabbrica di San Placido “il nuovo” integrando il castello, la chiesa, i dormitori e gli altri locali in un corpo unico. Esso doveva occupare l’intera superficie del chiostro nord e i locali annessi. Il 18 luglio 1516, a seguito della bolla di Giulio II, la comunità benedettina messinese venne inclusa nella Congregazione Cassinese. Nel 1535 il monastero ospitò per tre giorni Carlo V di ritorno dalla trionfale impresa di Tunisi contro i Mussulmani. Il soggiorno dell’imperatore fu però funestato dalla improvvisa morte del suo maggiordomo, colpito da un fulmine, che ivi trovò sepoltura. Dopo l’Unità d’Italia l’antico monastero di San Placido Calonerò ospitò uno studentato di novizi; poi, in seguito alla legge del 7 luglio 1866, venne soppresso come tutti i corpi religiosi. Con Decreto Regio del 12 luglio 1888 l’intera area, acquistata dall’Amministrazione Provinciale di Messina, fu trasformata in Regia Scuola Pratica di Agricoltura, intitolata all’agronomo Pietro Cuppari.

Della costruzione medievale rimangono il portale di ingresso settentrionale, la cappella ai piedi della torre con volta a crociera con chiavi pendule alla catalana e col suo bellissimo portale fiammeggiante di ispirazione levantino spagnola ed il locale annesso alla chiesa, degli inizi del 400, all’estremo est del corpo di fabbrica settentrionale. Nell’angolo di Nord-Ovest della cappella si trova uno stretto e basso passaggio che porta alla scala a chiocciola della torre. Di fronte alla cappella c’è il portale dì ingresso dell’antica chiesa, oggi sparita, del quale si notano le linee rinascimentali sovrapposte a quelle gotiche preesistenti. All’estremo est del corpo di fabbrica settentrionale si trova la bella sala gotica ai cui angoli si ergono colonnine sorreggenti i costoloni, anch’essi catalani, di una magnifica volta a crociera in perfette condizioni.

La parte rinascimentale è composta dai due chiostri, fatti edificare dagli abati Don Paolo Iannuzzo e Don Davide Sturniolo dal 1589 al 1608. Hanno 28 colonne ciascuno con capitello ionico e trabeazioni toscane, sormontate da archi a tutto sesto, ma leggermente ribassati, che fanno da imposta alle vellette della volta di copertura, le quali poggiano su capitelli a muro. Questo chiostro è reso più affascinante da un bellissimo tempietto, situato nel suo centro, a pianta ottagonale, con cupola poggiante su un tamburo, anch’esso ottagonale, e su esili colonne ioniche. Nella parete ovest del chiostro meridionale si trova il portale di ingresso al refettorio. Esso porta il busto di Carlo V e nell’architrave si può ancora leggere l’iscrizione latina ricordante la visita dell’imperatore fatta incidere dall’abate Sturniolo. A sud e ad ovest, il chiostro meridionale è limitato da corpi di fabbrica originali con ambienti ricoperti da volte a botte lunettate da volte a vela. Il prospetto nord del chiostro settentrionale, in corrispondenza della chiesa medievale, è una ricostruzione che non rispetta affatto la tipologia originaria. ...» L'ENOTECA PROVINCIALE

Villino Liberty Barcellona

A Barcellona P. di G., all'incrocio fra Via Operai e Via Roma, sorge uno degli esempi più importanti del Liberty in Sicilia, un villino conosciuto come "Villa Arcodaci" dal cognome del suo ultimo proprietario, fatto costruire nel 1911 dal barone messinese Ignazio Foti su progetto dell’ingegnere G. Ravidà di cui non si conoscono altre opere sul territorio.

Il Villino Liberty,  di proprietà della Città Metropolitana di Messina, è stato dato in comodato d'uso al Comune di Barcellona dal 2008 per l'organizzazione di attività culturali. L'Ente , tuttavia, ha la facoltà di organizzare delle proprie iniziative culturali per almeno 30 giorni l'anno.

Dal punto di vista architettonico lo schema compositivo del villino verte sulla giustapposizione di volumi semplici che, nella loro accentuata geometricità, danno forte risalto all’asse centrale. Ha pianta leggermente trapezoidale con i prospetti principali perfettamente allineati rispettivamente alla via Roma ed alla via Operai.

All’esterno ha un marcato sviluppo orizzontale sottolineato da un coronamento aggettante scandito da beccatelli in legno ed interrotto, nella parte centrale, da due alti e sporgenti pilastri con decorazione floreale che incorniciano e sottolineano gli ingressi. Questi ultimi sono ulteriormente definiti da pensiline in ferro battuto sulle quali, originariamente, erano inseriti dei vetri colorati.

Sulle due facciate principali sono presenti elementi decorativi tipici dell’Art Nouveau come la linea ondulata del cornicione, le decorazioni floreali, le cornici di porte e finestre e l’elegante zoccolo di base, trattato plasticamente con scanalature orizzontali. L’edificio è coperto da un tetto a padiglione con manto di tegole alla francese di tipo piano culminante in un’altana con copertura a pagoda.
La recinzione, così come la cancellata in ferro battuto, si deve all’estro dell’artigiano locale Giovanni Cutrupia, conosciuto come “Giovanni u Palummu” che risulta essere attivo in tutta la provincia nei primi anni del secolo. Sfortunatamente questa pregevole opera è stata in gran parte rimossa durante il periodo fascista per donarla alla patria, e sostituita infine con una semplice rete metallica.

Internamente le stanze sono disposte intorno ad un disimpegno centrale dal quale una piccola scala in legno porta alla soffitta. Tutte le camere, realizzate con contro soffittatura in volta a specchio, avevano i soffitti dipinti. I lavori di recupero, iniziati nel 2008 hanno consegnato l'immobile alla fruizione dei cittadini nel 2014.

Il villino ospita spesso mostre e conferenze ed è sede dell'ufficio Arte e Cultura del Comune di Barcellona. All'interno del Villino Liberty presta servizio anche personale del Servizio Cultura della Città Metropolitana di Messina per migliorare il servizio di fruizione dei locali all'utenza e attuare attività di promozione della Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea “Lucio Barbera”  e dell'Archivio Quasimodo, collocati presso la sede degli Uffici di Via XXIV Maggio a Messina.

Lo scorso anno il Servizio Cultura della Città Metropolitana di Messina ha organizzato una Mostra sulla vita e sull'attività letteraria di Nino Pino Balotta, dal titolo Omaggio a Nino Pino Balotta nel trentennale della sua morte”  che si è tenuta presso i locali del villino Liberty dal 15 novembre al 15 dicembre 2017.

L'evento ha previsto tre convegni di approfondimento  sull'illustre poeta, umanista e scienziato la cui attività ebbe ampi riconoscimenti in Italia e all'estero.

(Testi e foto tratti da www.italialiberty.it e da "La Tua Città"- E. Bavastrelli, C. Ceraolo)